La trama

Svetlana è una donna bella e intelligente; ex prostituta, delusa da quell’esistenza onesta che aveva sognato, ha da tempo iniziato una doppia vita: oltre ad avere ripreso, in proprio, il vecchio mestiere, ricatta alcuni clienti e fa da corriere per un piccolo delinquente, Cristian. Nulla sanno Rosanna, Mario e Viola, molto affezionati a Svetlana e impegnati nell’associazione Fuori Strada che aiuta ragazze, come lei, uscite dalla prostituzione.
Spaventata dalle minacce di Diego, suo ex pappone, Svetlana vorrebbe scappare ma, prima di riuscirci, muore improvvisamente. La sua morte e, ancor più, il ritrovamento di prove inconfutabili della sua doppia vita, creano grande scompiglio sia all’interno dell’associazione che tra Diego e Cristian.
In un crescendo di eventi, nascono molti dubbi sulla fine di Svetlana: è veramente morta per cause naturali? Quante persone avrebbero avuto interesse ad ucciderla?


Un assaggio Prologo

Martedì ore 16.30

   Il sole attraversava la piccola stanza, tagliava di netto il tavolo rotondo e il vasetto di fiori finti posato nel mezzo.
   Svetlana buttò il cellulare sulla tovaglia di plastica; per fermarne il tremore, ficcò le mani nelle tasche dei jeans, si avvicinò alla finestra e appoggiò la fronte sul vetro. Chiuse gli occhi.
   «Devo andarmene». Lo mormorò, lo ripeté a sé stessa.
   Nel silenzio di quel tinello le parole di Cristian la assordavano: Devi stare attenta. Molto attenta. Non puoi pensare di entrare e uscire dagli affari come ti pare. Ci sei dentro. E ci resti. Guarda che t’ammazzo, piuttosto. Poi, aveva interrotto la comunicazione, così, senza un saluto.
   Il freddo del vetro le scavava la fronte, le penetrava il cervello, si irradiava giù per la schiena; ora, non
erano più solo le mani a tremare, ma tutto il corpo, il cuore un martello che le batteva contro il petto, come volesse farsi strada per uscire.
   Con passi incerti e pesanti andò in camera, sfilò da sotto il letto un borsone, fece scorrere la cerniera: restò a fissare quelle mazzette di banconote che stavano sul fondo, tante, tantissime mazzette, legate ciascuna con un elastico, impilate perfettamente le une sulle altre; le sfiorò incerta, ne prese in mano alcune, poi le rimise nella borsa. Aprì il terzo cassetto del comò ed estrasse, da sotto una pila di asciugamani e lenzuola, una scatola di latta; alzò il coperchio, guardò i passaporti e le carte d’identità che c’erano dentro e richiuse la scatola.
Tremando ancora leggermente, esitante nei gesti, aprì l’armadio, guardò indecisa camicie e maglioni,
ne prese uno, lo buttò sul letto, poi parve cambiare idea, chiuse le ante e aprì il cassetto del comodino. Si sedette, prese un’agenda e un quaderno e iniziò a sfogliarli. Quando il tremito alle mani riprese in modo incontrollato, li strinse al petto e iniziò a dondolarsi avanti e indietro: Devo andarmene, devo andarmene, devo andarmene…
   Ding dong.
   Svetlana si congelò. Aspettò.
   Ding dong.
   Ding dong.
   Con l’agenda e il quaderno strizzati nelle mani, corse al citofono.
   «Ah, sei tu».
   «Posso salire?»
   Svetlana esitò.
   «Sì… certo».
   Aprì il portone, poi corse in camera.
   Nascose maldestramente sotto il letto, con un calcio, la borsa piena di soldi, rimise agenda e quaderno
nel comodino richiudendo per bene il cassetto, fece altrettanto con la scatola di latta piena di documenti, che tornarono nel comò sotto gli asciugamani.
   Drin.
   Svetlana alzò di scatto la testa.
   «Arrivo» gridò, e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
   Si rassettò capelli e felpa, abbozzò un sorriso, rilassò le spalle, aprì.
   «Ti ho portato un regalo».
   Il sorriso di Svetlana si allargò.
   «Entra. Sono contenta che sei qua».
   Svetlana si fece da parte, poi richiuse piano la porta.


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